La vita ed il pensiero del fondatore del KODOKAN JUDO

Tratta da: “JUDO Jujutsu” di Jigoro Kano. Edizioni Mediterranee.

Jigoro Kano nacque il 18 ottobre 1860 a Mikage, una cittadina nel distretto di Hyogo. Egli era il terzo figlio di Jirosaku Mareshiba Kano, intendente navale dello Shogun Tokugawa. In realtà, probabilmente, questo era un titolo puramente onorifico, in quanto la famiglia Kano poneva la base della propria ricchezza sulla produzione del sakè, la tipica bevanda alcolica giapponese ottenuta dalla fermentazione del riso. Si dice addirittura che essi fossero così bravi in questa produzione da essere molto stimati in tutta la regione, e che il loro segreto fosse tramandato di padre in figlio da secoli.

Il giovane Kano si dimostrò ben presto un bambino prodigio, molto portato per gli studi, ma per la sua costituzione minuta e la sua inettitudine nel praticare i giochi allora in voga, era continuamente vessato da compagni più robusti di lui. Probabilmente è per questo che tutte le fotografie di questo periodo lo ritraggono sempre in atteggiamenti aggressivi: forse, egli cercava di superare questo suo stato d’inferiorità mostrando un atteggiamento spavaldo. Fu in questo periodo che decise di sviluppare il proprio fisico attraverso un programma di potenziamento muscolare. Ma l’impresa si rivelò più semplice a dirsi che a farsi in quanto, nel Giappone di quegli anni, le antiche discipline tradizionali nipponiche non erano più praticate, mentre gli sport occidentali erano ancora ben lungi dall’affermarsi. Kano, nonostante gli ostacoli, riuscì comunque a raccogliere del materiale sul baseball ed il canottaggio. Nel 1878 fondò il primo club di baseball in Giappone, il «Kasei baseball club»; si noti che oggi questo sport è il più popolare in Giappone con oltre venti milioni di praticanti. Nonostante però questi sforzi, egli non riuscì a sviluppare di molto la propria forza, e probabilmente fu a questo punto che decise di percorrere un’altra via e dedicarsi al Jujitsu. Ma anche questa strada non si rivelò così semplice, poiché all’epoca di Kano questa antica arte marziale aveva perduto completamente il suo prestigio. Il suo declino era stato determinato, da un lato, dall’introduzione delle armi da fuoco, che aveva profondamente mutato le tecniche di combattimento eliminando quasi completamente quelle del corpo a corpo e dall’altro, da un’avversione verso tutto ciò che era considerato «vecchio», seguita al crollo dei Tokugawa. Questi fattori avevano fatto sì che molte scuole fossero state costrette a chiudere e che quelle rimaste non fossero viste di buon occhio, poiché gli iscritti erano per la maggior parte delle persone violente spesso coinvolte in risse, o si riducevano ad organizzare incontri per denaro. Data questa fama, il padre di Kano gli vietò di frequentare un ambiente cosi debosciato.

Nel 1877 entrò nella prima Università giapponese, nata proprio quell’anno dalla fusione della Kaisei School e della Scuola di Medicina di Tokyo. La prima Università giapponese, voluta dallo stesso imperatore per imprimere una svolta drastica al vecchio sistema scolastico, reimpostandola su basi occidentali, comprendeva la facoltà di Legge, Scienze, Medicina e Lettere. Fu proprio a quest’ultima che Kano si iscrisse, per continuare a coltivare la propria passione per le arti umanistiche. Naturalmente, per poter frequentare l’Università, egli fu costretto a trasferirsi a Tokyo, sfuggendo così in parte all’influenza del padre. Kano aveva già praticato il Jujitsu di nascosto del padre quando frequentava la scuola di lingue straniere, con un suo compagno di classe, ma, appena si trasferì a Tokyo, egli poté dedicarsi palesemente alla sua attività: non è un caso che egli incontrò in questo periodo il suo primo maestro, il signor Fukuda.

Una storia narra che un giorno Kano, passeggiando per Tokyo, fu attratto dall’insegna di quello che oggi chiameremmo un fisioterapista e, ricordando il fatto che molti di costoro erano dei maestri di Jujitsu, vi entrò. Questo studio era gestito dal signor Teinosuke Yagi, il quale confermò di essere un maestro di Jujitsu, ma, non avendo trovato più allievi, aveva intrapreso quella nuova strada. Purtroppo, però, Yagi disse a Kano di non poter far nulla per lui direttamente, non avendo più un suo dojo, e non praticando più tale disciplina da molti anni, ma, visto l’entusiasmo del giovane, ne fu commosso e lo presentò, raccomandandolo caldamente, ad un suo amico, il maestro Fukuda. Questo fu il primo di tre grandi maestri che condussero il giovane Kano alla comprensione dei segreti delle due scuole-madri. Il maestro Fukuda apparteneva alla scuola di Tenjin-Shinyo-Ryu, il cui nome, tradotto letteralmente, significa «Scuola del Cuore del Salice». La specializzazione di questa scuola era rappresentata dalla tecnica dei colpi, da quella delle immobilizzazioni e dei soffocamenti. Questa scuola traeva origine dalla fusione di due scuole precedenti, la Yoshin Ryu e la Shin-no-Shindo Ryu, avvenuta ad opera di un grande maestro, esperto di entrambe.

La Yoshin Ryu era una scuola fondata da un medico giapponese recatosi in Cina a studiare. Proprio durante questi studi, egli entrò in contatto con il mondo delle arti marziali cinesi, sviluppando poi la conoscenza acquisita

La morte del suo primo maestro non fermò Kano, che cercò e trovò ben presto un nuovo maestro sotto la cui guida proseguire il suo cammino sulla via della conoscenza. Questo nuovo maestro si chiamava Mataemon lso, ed era il figlio del maestro sotto la cui guida avevano appreso i loro segreti il signor Yagi e il maestro Fukuda. Questo maestro era fornito di tecnica talmente perfetta che lo Kano ammise, molti anni dopo, di non aver mai incontrato nessuno con una tecnica tale. Purtroppo anche questo maestro morì presto. Fu a questo punto che egli incontrò il maestro Libuko Tsunetoshi, che lo prese come allievo. Questo nuovo maestro, il terzo per Kano, non apparteneva alla scuola dei precedenti due. Egli era, infatti, esperto di un’altra scuola-madre, quella di Kito. L’insegnamento impartito da tale scuola era molto diverso da quello appreso da Kano precedentemente, poiché essa si strutturava su degli elementi estremamente formali, chiamati Kata, che in giapponese significa forma. La formalizzazione arrivava al punto tale da obbligare i praticanti ad indossare l’armatura completa al posto degli abiti civili, come era invece previsto nelle altre scuole.

Come per molte altre scuole anche la nascita di questa non è del tutto chiara, poiché i documenti sono scarsi e poco precisi. Una possibile interpretazione fa risalire anche la nascita di questa scuola alla Cina, ma in questo caso a dignitario della corte cinese rifugiatosi in Giappone. Costui conosceva un metodo di combattimento e di difesa, che insegnò a tre ronin (guerrieri senza padrone), i quali l’appresero così bene che fondarono una scuola. Un’altra versione attribuisce tale evento all’opera di un samurai di Kyogoku, un daimyo legato ai Tokugawa. La specializzazione di questo Ryu era rappresentata dalle tecniche di proiezione. Nonostante l’estremo formalismo voluto da questa scuola il rapporto tra Kano e likubo non fu mai quello tra allievo e maestro, ma quello tra amici, tanto che Kano, una volta diventato maestro a sua volta e fondato il suo nuovo metodo, gli dedicò un Kata, il Koshiki-no-kata. Era talmente grande la passione di Kano e la sua dedizione allo studio di queste scuole che fu proclamato da entrambe come esperto, nonostante la sua giovane età.

Questo fece sì che secondo la legislazione imperiale allora vigente egli potesse a sua volta fondare un nuovo metodo. Kano colse questa opportunità, fondando, nel febbraio 1882, il Kodokan, e chiamando il suo nuovo metodo Judo Kodokan. Kano, infatti, aveva maturato in questi anni una nuova visione del Jujitsu, che si trasformò da un mero modo per difendersi da avversari più forti ad un sistema coi quale educare gli uomini al reciproco rispetto, nella convinzione che l’unico modo per progredire è quello di farlo tutti insieme intelligentemente. Questa è la principale differenza tra il metodo Judo Kodokan e le altre forme di combattimento disarmato. Per garantire la sicurezza egli ideò il judogi, un tipo particolare di kimono molto più robusto, per evitarne la rottura durante l’esecuzione di una tecnica e quindi l’impossibilità di controllare la caduta del proiettato, inoltre impose che la presa fosse mantenuta costantemente sul judogi per poter controllare la caduta dell’altro.

Nonostante questo suo assiduo impegno nello studio del Jujitsu, Kano proseguì con estremo profitto i suoi studi, laureandosi nel 1881 in Lettere, e terminando, nel 1882, gli studi di Scienze estetiche e morali, fu successivamente nominato Professore del Collegio dei Nobili. La prima sede del Kodokan fu istituita da Kano in una sala presa in affitto nel piccolo tempio buddista di Eishosi, appartenente alla setta Jodo. Ma i problemi che dovette affrontare furono veramente ardui; infatti, la sua famiglia era contraria a quella che consideravano una stramberia, per questo gli negarono il sostegno economico, ed in quel periodo egli disponeva solo di un basso stipendio da Professore novizio, coi quale doveva anche sostenere il proprio cameriere, quindi, per procurarsi i soldi per comprare i tatami per il dojo, fece ricorso alla sua conoscenza della lingua straniera per tradurre dall’inglese al giapponese un «Trattato sull’Etica» commissionato dal Ministero per l’Educazione. Il primo nucleo di praticanti fu costituito da un gruppetto di allievi a cui Kano impartiva lezioni di Economia Politica ed Inglese, i quali iniziarono a praticarlo quasi per gioco, ma che, successivamente, ne rimasero affascinati.

Le ore di allenamento non erano prestabilire, ma dipendevano dagli orari del giovane Professore. Poco tempo dopo, il Kodokan subì il suo primo trasloco; infatti, gli impegni scolastici di Kano diventarono sempre più pressanti, ed egli fu obbligato a fare questa scelta per continuare a svolgere la sua doppia attività. La vita di Kano in quegli anni fu molto frenetica: nel 1884, fu nominato addetto alla Casa Imperiale, una sorta di ministero degli Esteri; nel 1886, diventò vicepresidente del Collegio dei Nobili e, due anni dopo, rettore. Dal 1889 al 1891, visitò l’Europa come addetto al ministero della Casa Imperiale. Kano si avvalse spesso di queste molteplici attività per far conoscere il principio del suo metodo, sia all’interno che all’esterno del proprio paese. Nell’aprile del 1891, fu nominato consigliere del Ministero dell’Educazione nazionale e, nel settembre 1893, direttore della Scuola normale superiore. Nello stesso anno, fu nominato segretario del ministero dell’Educazione e, cinque anni dopo, diventò direttore dell’Educazione primaria all’interno dello stesso ministero.

Col crescente successo del Judo, crebbero anche le invidie delle altre scuole di Jujitsu che sentirono ben presto invasa quella che consideravano una loro assoluta egemonia. Così furono organizzate delle vere e proprie sfide per stabilire chi fosse il più forte. Nonostante il carattere così materiale di queste dispute, Kano riuscì a trarre da queste esperienze dei validi benefici. Ad esempio, in alcuni di questi scontri, egli si rese conto di come le tecniche di lotta a terra venissero molto spesso trascurate a favore di quelle in piedi. Contemporaneamente, proprio grazie al clamore suscitato da questi incontri, ed al fatto che invariabilmente il Kodokan ne usciva vincitore, sempre più gente iniziò ad interessarsi al Judo.

Nel 1897, il governo giapponese istituì una Scuola nazionale delle arti marziali, il Budokukai, presso il quale era praticato anche il Judo. Questa scuola, nonostante si fosse sviluppata sotto l’egida di Kano divenne ben presto la grande rivale del Kodokan, rimanendo tale fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando fu chiusa per volere delle truppe di occupazione americane. Tra il 1902 e il 1905, Kano fu inviato per due volte presso il ministero dell’Educazione cinese, per esporre le proprie teorie. Intanto anche il Kodokan subì una profonda trasformazione, voluta dallo stesso Kano, modificando i propri statuti, che lo configuravano come un club privato, per poter diventare una società pubblica (1909). Poco tempo dopo, Kano diventò il primo giapponese membro del Comitato Olimpico Internazionale. Nonostante non considerasse il Judo come uno sport si batté affinché esso entrasse a far parte delle discipline olimpiche perché riteneva che in questo modo il Judo potesse avere la massima divulgazione e si augurava che anche gli altri sport si allineassero agli ideali proposti nel suo metodo. Nel 1911, fu eletto presidente della Federazione Sportiva giapponese. Tra il 1912 e il 1913, fu inviato per una nuova missione culturale, questa volta, però, in Europa e in America. Nel 1915, creò la rivista del Kodokan e, nello stesso anno, ricevette dal re di Svezia la medaglia della settima edizione dei Giochi Olimpici per l’importanza del suo contributo a tale manifestazione. Pochi anni dopo, oramai troppo vecchio per poter continuare a seguire molte cose contemporaneamente, abbandonò ogni carica pubblica per consacrarsi interamente al Judo. Nonostante ciò, nel 1922, sedette alla Camera Alta e, nel 1924, fu nominato Professore onorario della Scuola normale superiore di Tokyo. Nel 1928, partecipò ad una nuova assemblea generale dei Giochi Olimpici ed assistette agli stessi. Il 5 maggio 1938 morì sul piroscafo Hikawa Maru, che lo stava riconducendo in patria dopo l’ennesima assemblea generale del comitato olimpico, che stava organizzando le Olimpiadi in allestimento a Tokyo.

Le teorie di Kano contenute all’interno del metodo Judo erano basate essenzialmente sulla convinzione che agendo con un efficace metodo educativo fosse possibile cambiare l’umanità creando un essere umano più libero e responsabile ed anche ridurre sensibilmente il numero delle guerre. Kano era apertamente internazionalista e pacifista sebbene, in un Giappone che si stava preparando alla seconda guerra mondiale, gli sarebbe potuto costare la vita. Furono probabilmente le sue abilità di statista ed uomo politico a salvargli la vita e consentirgli di diffondere le sue idee; il Judo, infatti, piano piano, si affermò in tutto il Giappone, diventando ben presto l’arte marziale più praticata, entrando a far parte persino delle materie scolastiche.

Non a caso, dopo la disfatta giapponese della seconda guerra mondiale, le forze alleate si accorsero molto bene dei valori e dei significati contenuti nel Judo del Professor Kano e sottoposero questa disciplina ad una pesante censura. In questo periodo furono distrutti molti testi e filmati riguardanti il pensiero e le opere del Professor Kano ritenute troppo in contrasto con la volontà di ridurre il popolo nipponico all’assoluta obbedienza dei vincitori occidentali. Nel 1948, dieci anni dopo la morte di Kano, ritroviamo la sua disciplina completamente assorbita nel Comitato Olimpico e ridotta a semplice sport ma i più veri e profondi significati sono sempre presenti, la sua idea, seppure tradita, non è ancora morta.

Kano si avvalse del suo incarico al Ministero dell’Educazione giapponese per diffondere il suo pensiero all’interno del tessuto sociale; infatti, egli pose in atto una riforma del vecchio sistema scolastico, centrata sulla rivalutazione del ruolo degli insegnanti di educazione fisica che, fino a quel momento, era del tutto marginale. Egli pensava che bisognasse realizzare un metodo educativo i cui insegnamenti investissero tutti gli aspetti di una persona secondo la visione delle tre culture:

  1. quella intellettuale;
  2. quella fisica;
  3. quella morale.

 

Il sistema scolastico generalmente è basato soltanto sullo sviluppo della cultura intellettuale, si demanda a ideologie di parte il problema etico e sì tralascia, di fatto, l’educazione fisica. L’educazione fisica e lo sport, nella visione di Kano, non devono essere intesi solo come una serie di esercizi atti allo sviluppo della muscolatura e delle prestazioni atletiche, ma anche come un percorso che porti ad una comprensione con il corpo di principi che devono essere parallelamente ricercati con mente e spirito. In quest’ottica l’educazione fisica potrebbe essere riproposta come uno dei più importanti strumenti educativi.

Dal momento in cui la comprensione con il corpo è quella che richiede maggiori cure ed attenzioni e più tempo per essere attuata, è bene incominciare subito da questo aspetto. Kano, inoltre, identificava il proprio ideale di uomo in cinque punti:

  1. l’uomo in buona salute;
  2. l’uomo giusto;
  3. l’uomo utile alla società;
  4. l’uomo di volontà e di coraggio;
  5. l’uomo lavoratore e studioso.

 

Il Professor Kano scelse per il suo metodo educativo il nome Judo dove il termine JU significa cedevole, flessibile, mentre con DO (=via) si vuole sottolineare che il Judo rappresenta solo il mezzo per il raggiungimento di uno scopo e non il fine stesso (che potrebbe essere perseguito anche attraverso altre strade). Il significato del termine JU è invece di più difficile interpretazione; il concetto di flessibilità e cedevolezza e quindi di adattabilità, è tipico della filosofia orientale ed in particolar modo della strategia militare cinese ed interpreta il significato dell’aforisma «il miglior impiego delle energie fisiche e mentali» su cui il Professor Kano basò buona parte del suo metodo.

Il Judo consente di sviluppare l’adattabilità, l’intuizione, l’istinto, la forza di volontà, attraverso dei movimenti rapidi e pratici che necessitano di giudizio, ragionamento e azione istantanea. Tutto questo potrebbe essere paragonato a molte altre discipline sportive ma, a differenza di queste, il Judo del Professor Kano riserva una importanza fondamentale all’aspetto morale proponendo all’uomo una possibile via che lo aiuti a crescere, lo sostenga nel suo percorso di maturazione e contribuisca a creare individui che, inseriti nella vita sociale, si contraddistinguano per il valore etico, per la ricchezza interiore e la capacità di relazione.

Il Judo rappresenta in un certo senso l’applicazione pratica delle sue teorie, è l’eredità lasciataci da questo illustre studioso nipponico, una sorta di libro da sfogliare ed interpretare con attenzione. Il principio, base morale del metodo, a cui deve fare riferimento l’educazione del corpo e della mente, è riassumibile nell’aforisma «tutti insieme per progredire con il miglior impiego delle energie».

Una volta compresi questi principi l’uomo potrà riportarli nel suo quotidiano, nelle sue visioni sociali, religiose e nel mondo del lavoro, con i benefici che ha potuto osservare nell’allenamento in palestra.

Il Judo tradizionale costituisce quindi un fenomeno complesso che non può essere apprezzato pienamente da chi gli si avvicina con preconcetti o ricercando un semplice sport o una tecnica di difesa personale. Tutti possono praticare il Judo ma forse non tutti potranno comprenderne gli insegnamenti e percorrere questa via fino in fondo. li Professor Kano, ad oltre mezzo secolo dalla sua scomparsa, ci appare come un uomo illuminato che ha intuito l’importanza dell’educazione e di come attraverso questa fosse realmente possibile migliorare l’essere umano; occorre il necessario rispetto verso l’operato di quest’uomo per potersi addentrare nella sua proposta e praticare proficuamente il suo Judo