Nella pratica del Judo, e più in generale delle “discipline” giapponesi, a volte con nomenclature diverse ma dal significato simile, si distinguono due figure basilari: Tori (取) e Uke (受け).

  • Tori è colui che esegue l’azione principale nella tecnica o nel movimento che intende studiare o dimostrare insieme ad Uke (p.es. Kata). Nell’Aikido è definito nage (投げ).
  • Uke è colui che si presta affinché Tori, applichi nel modo migliore la tecnica o esegua il movimento che intende studiare o dimostrare.

Tori e Uke, per un reciproco e produttivo impegno comune, nel limite delle loro possibilità e di quanto stanno eseguendo, devono sempre porsi, l’uno rispetto all’altro: in posizione corretta, eseguire le giuste azioni, mantenere costantemente l’attenzione sulla dinamica di tutto quello che sta accadendo verso se stessi e con il compagno. In particolare Tori deve salvaguardare Uke evitando azioni sconsiderate, eccessive o pericolose e mantenendo sempre il giusto controllo della tecnica; di contro Uke deve sempre porsi nella condizione più sincera e reale possibile. Tutto per il buon esito del lavoro reciproco. In questo modo ci sono sempre due figure attive e assolutamente paritetiche, Tori e Uke, che eseguono insieme e puntualmente i loro ruoli, con reciproco spirito di collaborazione.
In allenamento, per una buona pratica e reciproca crescita tecnica tra i praticanti, i ruoli di Tori e Uke devono essere assolutamente alternati.

Tra le due figure quella di Uke è certamente la più complessa e “sacrificata” sia nel Judo che nelle diverse “discipline” giapponesi. Il suo esatto ruolo può variare tra le varie “discipline” e cambiare anche in seno alle stesse a seconda delle situazioni, pur mantenendo le sue caratteristiche peculiari. Per esempio nel Judo kata e Aikido, Uke attacca Tori che quindi si difende mettendo in pratica la tecnica. Negli stage di allenamento del Jujutsu tradizionale gli studenti più giovani hanno il preciso compito di fare da Uke. Nelle arti basate sulle armi, a fare da Uke è spesso il Maestro.

L’azione di Uke è chiamata ukemi (受身), da:
ukeru v.: (1) prendere; afferrare; (2) ricevere; (3) subire; (4) essere attaccato;
mi: corpo; persona.
Questa tecnica insegna a saper ricevere e sopportare correttamente, ed in tutta sicurezza, un attacco di Tori. Per esempio si impara a “cadere” a seguito di una proiezione, sia per evitare danni fisici, sia per allenare il corpo. Infatti sia nel Judo che nell’Aikido spesso le lezioni iniziano proprio con specifici allenamenti di ukemi. Una componente essenziale dell’ukemi è la consapevolezza. Uke diventa abile, attraverso la pratica e l’esercizio, a rispondere velocemente a qualsiasi azione. Un ukemi realmente aggraziato si ottiene attraverso un serio allenamento e con un buon equilibrio armonico sincretico con il compagno: Tori.

Per arricchire e completare ancora di più la conoscenza di Tori e Uke proponiamo questo brano di Saotome Sensei (五月女貢, Saotome Mitsigi), allievo diretto di O’Sensei (植芝盛平, Ueshiba Morihei), che affronta un aspetto basilare della pratica dell’Aikido affine alla pratica del Judo, su cui ognuno dovrebbe concentrarsi.

Tratto da “LA VIA DEL BUDO – I principi dell’Aikido”

La pratica dell’Aikido richiede la presenza di un partner (ndr come nel Judo). Alcuni esercizi possono essere compiuti da soli per valutare la propria forza e le proprie risorse tecniche, ma la chiave per un buon allenamento è nell’interazione che si stabilisce tra Uke e Nage (Tori). Alcuni semplificano le definizioni di Uke e Nage in “attaccante” e “difensore”. Ma è una semplificazione che fuorvia dalla vera natura e dall’importanza dei ruoli di Nage e Uke. Più correttamente, Nage significa “colui che proietta” e Uke “colui che riceve la forza”. Ragionando in termini di attaccante e difensore si finisce con l’identificare Nage come colui che viene attaccato ed esegue le tecniche ed Uke come una sorta di manichino con cui Nage si esercita. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità.

Ukemi è l’arte di essere Uke, e la qualità della pratica di Nage dipende da come Uke ha imparato quest’arte. Ukemi crea le condizioni che rendono una tecnica appropriata, reagendo correttamente ai movimenti di Nage, ed accettando qualsiasi tipo di caduta che concluda la tecnica. In breve, Uke è responsabile della creazione delle condizioni che consentono a Nage di imparare. Se Uke non ha il senso degli effetti di una tecnica, né elasticità, o reattività nei confronti dei movimenti di Nage, o se ha paura ed è goffo nelle cadute, Nage non sarà in grado di studiare la tecnica con efficacia.

Nell’esecuzione di qualsiasi tecnica i praticanti devono alternarsi nei ruoli di Uke e Nage. Ma dovete considerare il tempo che passate nel ruolo di Uke non come una sorta di intervallo che vi separa dal momento in cui assumerete quello di Nage, quanto piuttosto come un’opportunità di imparare l’importanza del ruolo di Uke, uguale o addirittura maggiore di quella di Nage. Infatti, coloro che eccellono nell’ukemi eccelleranno più facilmente nelle tecniche, per la ragione che saranno più abili nell’assorbire la conoscenza -attraverso il corpo- delle sensazioni che si provano durante una tecnica ben eseguita, assorbendo la conoscenza anche attraverso la mente. Sviluppare un buon ukemi è la via più breve per acquisire abilità in Aikido (ndr e, perché no, anche nel Judo).

Subire ukemi non significa che svolgete il ruolo del perdente. E’ uno studio sulla comunicazione, sulla percezione e sulle capacità di autoconservazione. Ancor più è un mezzo per esercitare un controllo su voi stessi e su quanto vi circonda.

L’allenamento ukemi ha un grande merito dal punto di vista fisico; rafforza il corpo ed aumenta la flessibilità. Inoltre, più vi sentirete a vostro agio nell’ukemi, maggiore sarà il divertimento nella pratica dell’Aikido. Raggiungere il divertimento nella pratica non vuol dire far venir meno la concentrazione; potete essere rilassati ed al contempo seri.”

(Grazie ad Aikido Terni dal cui sito è tratto quest’articolo, lavoro di Rino Bonanno, e a Mizu Dojo Aikido Perugia che lo ha riproposto)